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perché | riflessioni a 360°


 

Quando un sito Web è veramente da vedere

   Il Web non sempre ci riserva belle sorprese; quindi, quando arriva un po' di luce a tingere il buio si rimane piacevolmente sorpresi. Purtroppo la maggior parte degli spazi sul Web sono tutti spigoli e punte, inavvicinabili, e ne traspare solo una penombra di idee. Feriti dalle ulcere dell'esperienza, quando arriviamo in uno spazio che ci sembra lontano dall'inferno disperato, lo affrontiamo come un paradiso pericoloso, pronti a scoprire i suoi difetti ad un clic da dove ci troviamo. Non ne veniamo investiti come un sonnambulo da un'alba inarrestabile: esploriamo senza troppa convinzione, con diffidenza, sempre distratti quanto si conviene al navigatore che pensa di saperla lunga. È necessaria, e va costantemente messa in atto, una metamorfosi mentale alla quale è ancora difficile adeguarsi, anche per chi il Web lo sta costruendo oltre che per gli utenti/navigatori. Passare dalla tipografia all'ipertesto, al Web, ha significato saltare dalla sicurezza all'avventura. Chi nutre una fede senza quesiti nei nuovi media ha spesso un atteggiamento di rilassata indifferenza, tipica di chi ha già visto e letto tutto e contemporaneamente cerca sempre la sorpresa; sul Web difficilmente la troverà, almeno se si continua ad usare il metro di giudizio valido ad esempio in campo televisivo. Continuo a pensare che un buon sito non possa prescindere dai contenuti, vera ricchezza potenziale (per la facilità di diffusione) e carenza attuale; ma non può nemmeno essere brutto, scarno, anonimo. Se fosse possibile inoculare, trasponendolo sul Web, il concetto di leggerezza descritto da Calvino nel suo ultimo libro, Lezioni americane, nell'elaborazione dei contenuti e della fruibilità dei siti Web, avremmo ottenuto la quadratura del cerchio.

per questo articolo ringrazio E.M. Remarque, autore di molte efficaci descrizioni dell'esperienza

Giorgio Cognigni

 
 

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